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Unesco: l'arte del pizzaiuolo napoletano Patrimonio dell'Umanita'

23/12/2017

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Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che il comitato per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell'umanità dell'Unesco ha iscritto "L'Arte del Pizzaiuolo Napoletano" nella lista degli elementi dichiarati Patrimonio dell'umanità. 

La candidatura è stata avviata dal Mipaaf nel marzo 2009 ed è stata condotta da una specifica task force di esperti guidata dal professor Pier Luigi Petrillo.

"Il Made in Italy ottiene un altro grande successo - afferma il Ministro Maurizio Martina - È la prima volta che l'Unesco riconosce quale patrimonio dell'umanità un mestiere legato ad una delle più importanti produzioni alimentari, confermando come questa sia una delle più alte espressioni culturali del nostro Paese. È un'ottima notizia che lancia il 2018 come anno del Cibo. L'arte del pizzaiuolo napoletano racchiude in sé il saper fare italiano costituito da esperienze, gesti e, soprattutto, conoscenze tradizionali che si tramandano da generazione in generazione. È un riconoscimento storico che giunge dopo un complesso lavoro negoziale durato oltre 8 anni, che premia l'impegno del Ministero al fianco delle associazioni dei pizzaiuoli. Ringrazio le istituzioni locali, la Regione Campania, gli esperti del Ministero e tutti quelli che col loro impegno hanno reso possibile questo risultato che ribadisce il ruolo di primo piano svolto dal nostro Paese nel valorizzare la propria identità enogastronomica."

Nel 2010 è arrivata la proclamazione della Dieta Mediterranea, primo elemento culturale al mondo a carattere alimentare iscritto nella lista dell'Unesco; nel 2014, il riconoscimento della coltivazione della "Vite ad alberello" di Pantelleria, primo elemento culturale al mondo di carattere agricolo riconosciuto dall'Unesco. Ora "L'Arte del Pizzaiuolo Napoletano". Dei 6 elementi italiani riconosciuti dall'Unesco patrimonio dell'umanità, 3 sono riconducibili al patrimonio agroalimentare, a conferma che in Italia il cibo e l'agricoltura sono elementi caratterizzante la cultura del Paese.
 
Ufficio Stampa
fonte Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

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Pizza Napoletana (Impasto)

13/12/2017

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dal Libro L’arte della pizza, Mondadori. A cura di Rossopomodoro
Per fare la pizza napoletana si possono usare farine di tipo “00” o “0”, ricavate dalla macinazione di grano tenero. La “00” è sicuramente più comoda da lavorare. Un tempo le pizze preparate con le farine integrali, ricche di fibre e proteine, ma con l’avvento delle farine raffinate, più semplici da impastare, questo utilizzo cadde in disuso. Oggi, però, molti pizzaioli le prediligono riscoprendo la tradizione. Che siano raffinate o integrali, una proprietà di cui tenere sempre conto per la scelta della farina è il buon contenuto proteico, che favorisce la formazione di un impasto forte, compatto ed elastico. I pizzaioli napoletani scelgono soprattutto quella del Molino Caputo.
Un’azienda, giunta alla terza generazione di mugnai, che nasce nel 1924, quando Carmine Caputo torna dagli Stati Uniti per sposarsi e poi fonda un mulino e un pastificio a Capua. Dopo la sua morte, il figlio Antimo nel 1939 acquista il mulino di San Giovanni a Teduccio, sede dell’attuale impianto di produzione, oggi guidato dai figli Eugenio e Carmine, e dal nipote Antimo. “Semplicità” è il segreto del mulino. Nella scelta e nella miscelazione dei grani prima di tutto, per ottenere farine naturali al 100%, senza aggiunta di additivi. Poi nella macinazione, eseguita lentamente affinché sia sempre estratta solo la parte migliore di ogni chicco di grano. Al Molino Caputo i pizzaioli vanno in prima persona per conoscere la produzione di quella materia prima che nelle loro mani diventerà presto un’autentica pizza napoletana. E pensare che nel 1924, quando Carmine Caputo tornò in Italia, il suo unico pensiero era prendere in moglie la sua promessa sposa. Fece molto di più, ma sempre per amore.

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Lievito di birra

Questo è il lievito da usare per fare le vostre pizze napoletane in casa. E’ chiamato così perché ricavato dalla lavorazione della birra: oggi si ottiene dalla barbabietola da zucchero. In pizzeria i pizzaioli usano anche il lievito madre, un impasto fermentato (quello realizzato il giorno prima per esempio) in cui si sviluppano microrganismi e fermenti lattici che favoriscono la lievitazione naturale.
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Acqua

Sembra banale parlare di acqua, invece è un ingrediente fondamentale perché è dal suo perfetto contatto con farina e lievito che nascerà un ottimo impasto. Deve essere moderatamente dura, quindi valutate se usare quella dei vostri rubinetti o prediligere acqua in bottiglia, più adatta.
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Sale
Il sale, oltre ovviamente alla sua caratteristica di sapidità, agisce come inibitore del lievito e rafforza l’impasto. Optate per un sale iodato e scioglietelo sempre bene nell’acqua prima di iniziare a impastare.


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Glossario
Lievitazione
Si intende l’aumento di volume dell’impasto provocato dall’azione fermentativa del lievito che produce anidride carbonica, la quale a sua volta rimane intrappolata nella pasta grazie alla struttura della maglia glutinica.
Maglia glutinica
Durante la lavorazione dell’impasto, il glutine contenuto nella farina a contatto con l’acqua e grazie al movimento deciso ma delicato allo stesso tempo delle vostre mani creerà una fitta rete elastica, forte e compatta, che appunto si definisce maglia glutinica.
Maturazione o riposo
E’ un insieme di processi che vanno nella direzione opposta rispetto a quello che accade durante la lavorazione, ossia le strutture più complesse dell’impasto, proteine, amidi e grassi vengono scomposti in elementi più semplici indebolendo la struttura che diventa così più estensibile in fase di stesura e quindi più leggera e digeribile.
Punto di pasta
Ogni pizzaiolo conosce bene il suo punto di pasta, che altro non è che il giusto equilibrio tra gli ingredienti dell’impasto in lavorazione. Ve ne accorgerete anche voi quando nelle vostre mani sentirete l’impasto elastico, morbido e non più appiccicoso.


Ingredienti
  • 700-800 g di farina "00"
  • 500 ml di acqua
  • 50 g di olio di semi di girasole o sugna*
  • 30 g di sale fino marino
  • 15 g di zucchero semolato
  • 12,5 g di lievito di birra
  • * Grassi e zucchero: se usate il forno di casa, che non raggiunge le temperature del forno a legna delle pizzerie napoletane, una quantità minima di grasso nell'impasto (olio di semi, sugna od olio extravergine) aiuta a dare alla pizza più friabilità all'esterno e morbidezza all'interno. Per lo stesso motivo aggiungete anche un po' di zucchero nell'impasto, renderà la crosta più croccante e colorata.
PreparazionePer 6 panetti versate 3/4 della farina in un recipiente grande o nella madia, occupando metà dello spazio. Riempite l'altra metà con tutta l'acqua, aggiungete il sale e mescolate per farlo sciogliere per bene.
Quindi sbriciolate il lievito nella farina. Cominciate pian piano a impastare il tutto con le mani e mescolate con forza per evitare che si formino grumi. Versate la farina rimasta e continuate a lavorare con le mani fino a raggiungere il cosiddetto "punto di pasta".
Ora mettete l'impasto sul piano di lavoro e continuate a impastare molto energicamente per 10 minuti fino a quando avrà formato una "maglia glutinica" di buona consistenza. Realizzate un unico grande panetto tondo e liscio e riponetelo a risposare nel contenitore o nella madia per 30 minuti.
Questo tipo di impasto può essere realizzato anche con la tecnica della luna lievitazione a 7-8 ore, diminuendo il lievito di birra a 1,5 g. Con questo genere di lievitazione otterrete una pizza ancora più fragrante e assai più digeribile.
Formatura o stagliatura
Con un coltello dividere l'impasto ottenuto in 6 panetti di circa 230 g ciascuno. Arrotondateli lavorandoli bene con le mani e facendo fuoriuscire l'aria. Poneteli ben distanziati in un contenitore per alimenti con coperchio e lasciateli lievitare e maturare per un'ora in un luogo fresco. In alternativa poneteli sul piano di lavoro coperti con un panno.
Stesura
Con l'aiuto di una spatola prendete un panetto, passatelo velocemente nella farina e adagiatelo sul piano di lavoro. Con le mani vicine, stendete l'impasto con le dita dal centro verso l'esterno, in modo che i gas si concentrino nel bordo formando un bel cornicione. Allargate la pizza con un movimento rotatorio delle mani, avendo l'accortezza di non schiacciare il bordo. Proseguite con la ricetta che avete scelto.
Cottura nel forno di casa
Riscaldate il forno, in cui avrete già disposto la pietra refrattaria, per almeno mezz'ora a 250-300 °C. "Tirate" la pizza sulla pala o su un tagliere e con un movimento deciso fatela scivolare sulla pietra, poi fatela cuocere nel forno per 4-5 minuti circa alla stessa temperatura. In alternativa alla pietra refrattaria, potete utilizzare una teglia unta di circa 30 cm di diametro.
Cottura tradizionale nel forno a legna
La pizza napoletana si cuoce sempre nel forno a legna. Questo tipo di cottura dona alla pizza i suoi caratteristici colori, odori e fragranza. Il classico forno a legna è costitutito da una cupola fatta di mattoni di pietra refrattaria e da un piano di cottura realizzato con pietra di Sorrento (detta biscotto). La temperatura, alimentata dalla brace e dalla fiamma, arriva oltre i 450 °C. I pizzaioli, dopo aver steso e guarnito la pizza, la "tirano" sulla pala con un movimento rotatorio e poi la infornano facendola scivolare sul piano con un deciso movimento di polso. La cottura dura da 60 a 90 secondi durante i quali la pizza viene girata per far arrivare il calore su ogni lato. Per le pizze ripiene la cottura è più lenta e avviene a bocca di forno.
​Fonte Luciano Pignataro 

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Il ruolo del sale nell’impasto della pizza

13/12/2017

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La quantità di sale utilizzata in un impasto può variare fra l’1,8 e il 2,5% in base al tipo di prodotto che si vuole utilizzare. Esistono però tipi di prodotto (come ad esempio il pane toscano) che non contengono sale. Analizziamo dunque brevemente l’influenza del sale sulla microflora, sulle caratteristiche dell’impasto e sul prodotto finito.
 
Aggiungendo una piccola quantità di sale nell’impasto (fino allo 0,5%) viene stimolata notevolmente l’attività delle cellule del lievito mentre una quantità di sale superiore allo 0,5% rallenta lo sviluppo delle cellule favorendo la plasmolisi (distruzione della cellula dalla pressione del sale avente un peso maggiore rispetto alla cellula stessa). Questo fenomeno può essere facilmente dimostrato se vengono messi a contatto il sale con del lievito compresso. Dopo qualche minuto dal lievito fuoriesce acqua perché il sale ha causato la rottura della membrana delle cellule del lievito. Per questo motivo il sale e il lievito non devono essere messi nell’impasto contemporaneamente.
 
Il sale inoltre svolge un’azione disinfettante nell’impasto in quanto blocca lo sviluppo e l’attività metabolica dei microrganismi. Effetto positivo perché vengono parzialmente inibiti i batteri e i microrganismi patogeni responsabili delle malattie del pane e della crescita delle muffe e, inoltre, vengono inattivati parzialmente altri batteri che con la loro fermentazione aumentano l’acidità dell’impasto e determinano nel prodotto un gusto e un profumo troppo forti.
 La presenza del sale nell’impasto rallenta l’attività degli enzimi e, grazie alla sua capacità di assorbire l’acqua l’impasto risulterà meno appiccicoso e più elastico.
Il sale agisce positivamente sul glutine rendendo la maglia glutinica più resistente. L’impasto con aggiunta di sale risulta asciutto ed elastico e non si appiccica durante la formatura, mentre un impasto senza sale risulta appiccicoso e difficile da lavorare.
Un’eccessiva quantità di sale nell’impasto rende la maglia glutinica troppo rigida e corta, rallenta la fermentazione e peggiora la qualità sia dell’impasto sia del prodotto, limitandone lo sviluppo. Se aggiunto all’impasto in quantità moderata, il sale influisce positivamente sulle caratteristiche del prodotto finito conferendogli l’esatto volume, rendendolo soffice, fragrante, profumato e con la giusta colorazione della crosta.
 
Un prodotto ottenuto da un impasto a cui erroneamente non è stato aggiunto il sale, oltre ad essere insipido, avrà una forma piatta e larga, un volume scarso e una crosta troppo chiara. La forma piatta e larga è dovuta alle limitate qualità dell’impasto (appiccicoso e colloso), mentre la crosta chiara è dovuta a una fermentazione eccessiva (mancanza di sale che rallenta l’attività del lievito, la fermentazione dell’impasto sarà troppo veloce con un consumo di zuccheri che mancheranno al momento della colorazione).
 
di Piergiorgio Giorilli Fonte Accademia Pizzaioli
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