Come glifosato e chlorpyrifos vengono assorbiti dall’organismo: lo studio sugli agricoltori emiliani16/2/2020 Come il Glifosato viene assorbito dal organismoChi lavora la terra è continuamente esposto ai pesticidi usati in agricoltura e questo potrebbe avere importanti ripercussioni per la salute degli agricoltori.
Una ricerca condotta dall’associazione Prevenzione Tumori Onlus di Guastalla ha portato avanti lo “Screening RE.P.-CO.B.RA – Residui di Pesticidi nei Coltivatori della Bassa Reggiana”, per calcolare il livello di contaminazione ai fitofarmaci nelle persone maggiormente interessate e, a questo scopo, ha monitorato una famiglia di quattro agricoltori. La famiglia, composta da padre, madre e due figlie, coltiva circa sette ettari di frutteto nella provincia di Reggio Emilia. I quattro componenti sono stati monitorati per alcuni mesi durante il 2018, sottoponendosi volontariamente a esami di laboratorio per ricercare nelle urine residui di cinque pesticidi o loro metaboliti: tre insetticidi – imidachloprid, chlorpyrifos, permetrina – e due diserbanti, l’Mcpa e il glifosato. I test sono stati effettuati prima dei trattamenti sul frutteto e a distanza di 12 e 24 ore dopo i trattamenti. Per quanto riguarda chlorpyrifos, l’unico ad aver effettuato trattamenti con questo insetticida è stato il padre. Sebbene l’uomo abbia indossato le protezioni previste, dallo screening sono emersi valori molto elevatidi tricloridrossipiridinolo, principale metabolita del chlorpyrifos, fino a 14 volte oltre il limite considerato sicuro, pari a 11,3 μg/. Dai risultati degli esami, il tricloridrossipiridinolo ha dimostrato inoltre di persistere per tempi considerevolinell’organismo: il valore è rimasto infatti stabile per una settimana e, a distanza di oltre quattro mesi, era ancora pari al doppio rispetto ai limiti. L’uomo è affetto da alcune patologie tra cui l’artrite reumatoide e la degenerazione maculare della retina, che secondo numerosi studi scientifici, sono correlate proprio con l’uso di pesticidi organofosforici come il chlorpyrifos. Anche il glifosato ha dimostrato di essere assorbito dall’organismo, ma in questo caso i valori del diserbante sono risultati entro i limiti per tutti e quattro i componenti. Il padre presentava comunque livelli superiori rispetto alla moglie e alle figlie. Le differenze riscontrate potrebbero essere dovute al metodo di applicazione dei due pesticidi: il glifosato viene infatti irrorato, mentre il il chlorpyrifos è distribuito sulle colture per atomizzazione. L’atomizzazione comporta l’uso di maggiori quantità di prodotto che può depositarsi anche all’interno della cabina dei mezzi utilizzati nei campi, esponendo gli agricoltori alla sostanza per diversi mesi anche dopo i trattamenti. Sebbene lo studio sia stato effettuato solo su quattro persone – un numero decisamente basso – i risultati dell’indagine dimostrano la necessità di sensibilizzare gli agricoltori e le autorità perché siano previste ulteriori protezioni per chi lavora nel settore. Spesso gli agricoltori sono poco informati, ignorano il fatto che i pesticidi utilizzati possano essere assorbiti dal loro organismo e non conoscono i rischi legati all’esposizione ai pesticidi. Per garantire la sicurezza dei lavoratori e prevenire l’insorgenza di malattie legate all’uso di pesticidi, sarebbe opportuno prevedere controlli periodici per gli agricoltori e aumentare l’equipaggiamento protettivo per legge. L’ideale sarebbe diminuire l’utilizzo di pesticidi che hanno ampiamente dimostrato la loro pericolosità per la salute di lavoratori, ambiente e consumatori finali. Fonte : Greenme.it
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Grano al Glifosato sulle nostre tavole che arriva dal CanadaIl grano canadese matura sotto la neve e sapete perché? Perché è pieno di glifosato e altri pesticidi. E sapete dove finirà questo grano? Nelle nostre tavole: già ne importiamo tonnellate, ma con l’approvazione del CETA, la situazione potrebbe di gran lunga peggiorare.
Avevamo già parlato del perché il CETA non andrebbe ratificato. L’accordo commerciale tra l’UE e il Canada inciderà sulle esportazioni europee di beni e servizi verso il Canada. Come sappiamo, è in vigore da due anni, in via provvisoria, e l’Italia è uno dei Paesi che non lo ha ancora ratificato anche se, il neoministro Bellanova si è detta favorevole. Continua a leggere cliccando il link sotto : https://www.greenme.it/informarsi/agricoltura/grano-canadese-glifosato/ Grano al glifosato ,Italia denuncita al unione europeaGLIFOSATE: GRANOSALUS DENUNCIA ITALIA ALL’UE
L’associazione GranoSalus, da sempre attiva per la tutela della salute dei cittadini, ha presentato un esposto alla Commissione Europea per la mancata applicazione del Regolamento UE 2016/1313 da parte dell’Italia, pur essendo stato recepito. Tale norma si prefigge di tutelare la salute pubblica. A tal proposito fa divieto di utilizzo di Glifosate in pre raccolta, al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura. Tuttavia, dalle analisi accertate risulta la presenza del diserbante nei derivati del grano di provenienza extra UE. Ció non deve accadere! Vedremo se l’Europa aprirà la procedura di infrazione a carico dell’Italia. BASTA GLIFOSATE SULLE NOSTRE TAVOLE! L' Italia continua ad essere meta preferita del grano estero proveniente da oltre oceano. Al porto di Bari sono arrivate quattro navi di grano duro canadese e americano. Gli importatori sono: De Cecco, Glencore Agriculture, Candeal Commercio, Semolificio Loiudice e Amber. Alcune navi fanno tappe diverse. Coldiretti dov'è?? Si preoccupa solo del grano duro Cappelli?
Navi cariche di grano canadese e americano sono ormeggiate al porto di Bari per scaricare oltre 1 milione di quintali di grano duro estero. Ma il resto del carico è stato dirottato anche sul porto di Catania. Il nome della prima nave è “SBI ATHENA”, una BULK CARRIER battente bandiera Marshall Islands proveniente dal porto di VANCOUVER in CANADA, IMO: 9704829, con un carico di oltre 520 mila quintali di grano duro destinato alla società GLENCORE AGRICULTURE IT SRL di Napoli. L’agenzia è Agema. Continua a leggere clicca questo link : granosalus.it/2020/01/26/grano-che-arriva-in-puglia-e-sicilia-con-le-navi-nel-silenzio-di-coldiretti/ Tutti a tavola! Per mangiare che cosa? La pubblicità delle tv ci racconta che tutta la pasta industriale è prodotta con il grano duro italiano. Ma noi scopriamo che le due Regioni che producono l’80% circa del grano duro italiano – Puglia e Sicilia – hanno il prodotto invenduto. Passata e pelati di pomodoro? In maggioranza cinesi o nord africani. Da condire con l’olio d’oliva tunisino spacciato per italiano al costo di 3-4 euro a bottiglia. E… buon appetito!
Non stiamo dicendo nulla di nuovo: proviamo soltanto a mettere insieme una serie di articoli che abbiamo scritto ad agosto e nei primi dieci giorni di settembre. Ne viene fuori un bel ‘quadretto’: la vera Sicilia a tavola e, perché no?, la stessa Italia a tavola, che, in verità, è un po’ diversa da quella che ci racconta ogni giorno la tv con la pubblicità. Sono fatti. Ieri abbiamo pubblicato un articolo che riprende un video di Teledauna. E’ la Web Tv della ‘Capitanata’, l’area del grano duro per antonomasia della Puglia. Sì, della Puglia, la prima Regione italiana per la produzione di grano duro (QUI IL NOSTRO ARTICOLO). Tre le notizie. La prima è che il porto di Bari è letteralmente invaso da grano duro estero, compreso quello canadese ‘ricco’ di glifosato e micotossine. La seconda notizia è che gli agricoltori pugliesi si rifiutano di vendere il proprio grano duro a 22 euro al quintale. La terza notizia è che, se il Governo nazionale non interverrà, gli agricoltori pugliesi, non semineranno più il grano duro. Se guardiamo lo scenario in Sicilia – seconda Regione italiana per la produzione di grano duro – prendiamo atto che, anche quest’anno, molti agricoltori non hanno venduto il proprio grano. Sapete perché scriviamo “anche”? Perché nella nostra Isola tanti agricoltori hanno stoccato anche il grano duro prodotto lo scorso anno. La motivazione è sempre la stessa: si rifiutano di vendere il proprio grano ad un prezzo che è addirittura di qualche euro inferiore al grano duro pugliese: 18-20 euro al quintale. Se, però, seguiamo la ‘narrazione’ delle pubblicità sulla pasta industriale italiana scopriamo che è tutta “pasta prodotta con grano duro italiano”. Da qui una domanda: ma se gli agricoltori della Puglia e della Sicilia il grano duro non lo stanno vendendo, da dove cabbasisi lo prendono il grano duro italiano per fare la pasta le industrie? Ancora: se tutta la pasta industriale italiana è fatta con “grano duro italiano” che fine fa il grano duro estero che, come racconta Teledauna, arriva ogni giorno con le navi nel porto di Bari? Per altro, detto per inciso, in Puglia non c’è solo il porto di Bari: ci sono altre tre o quattro porti dove le navi cariche di grano arrivano con tanto di segnalazione. Anche in Sicilia arrivano le navi cariche di grano duro da mezzo mondo. Ma, a differenza della Puglia, nella nostra Isola resiste una ruspante mentalità mafiosa e la pubblica amministrazione si guarda bene di far sapere ai cittadini la verità sul grano estero. Qualche notizia la riusciamo ad acciuffare qua e là, soprattutto sul porto di Pozzallo, lo scalo meno ‘malandrino’. Di quanto avviene nei porti di Palermo, Catania e Mazara del Vallo, in materia di grano & navi, non si sa una mazza. Come li cuciniamo gli spaghetti? Colpomodoro, ovviamente. Pomodoro italiano? No, meglio la passata di pomodoro cinese, magari opportunamente ‘italianizzata’, come hanno documentato in un servizio Le Iene (QUI UN NOSTRO ARTICOLO CHE RIPRENDE IL SERVIZIO DE LE IENE). Come per la pasta, anche per i pomodori pelati e per la passata di pomodoro ci raccontano che è tutto italiano. Solo che noi, in Sicilia, tutto ‘sto pomodoro di pieno campo non lo riusciamo più a vedere. Quello che sappiamo, del nostro pomodoro, è che, rispetto al pomodoro cinese o nord africano, è fuori mercato. In Cina e in Africa i costi di produzione – in testa il costo del lavoro – sono molto più bassi. Da noi un operaio agricolo per la raccolta del pomodoro costa 80-100 euro al giorno. In Cina e in nord Africa, da 3 a 5 euro al giorno. Non c’è partita, non ci può essere partita. In più, quei produttori agricoli che assumono operai extracomunitari in nero a 30 euro al giorno (solo loro accettano di lavorare otto ore al giorno per 30 euro, gli italiani si rifiutano) sono additati come pessimi esempi: caporalato e altre accuse, più multe ‘salatissime’. Nel Sud – soprattutto in Sicilia – il pomodoro di pieno campo va diminuendo. Rischiare contravvenzioni e denunce per caporalato è diventato rischioso. Risultato? Indovinate… Sì, avete indovinato: non restano che i pelati di pomodoro in scatola e la passata di pomodoro nelle confezioni di vetro. Prodotti rigorosamente italiani… Dell’olio d’oliva extra vergine i nostri lettori sono già informati. Ne approfittiamo per tornare a ribadire che una bottiglia di extra vergine dal costo di 3-4-5-6 euro non va acquistata. Lasciatele, queste bottiglie di “extra vergine”, sugli scaffali dei supermercati. Ricordatevi che quest’anno un litro di vero olio extra vergine di oliva del Sud Italia – zona d’elezione per la produzione – costerà, in media, 10 euro al litro. Qualcosa in più in Puglia, qualcosa in meno in Calabria e in Sicilia. L’olio d’oliva extra vergine acquistatelo presso le aziende e, con molta attenzione, presso i frantoi. Perché dovete prestare attenzione ai frantoi? Perché la Sicilia è letteralmente invasa da olio d’oliva tunisino. E c’è il dubbio che, all’atto della molitura delle olive, all’olio fresco venga miscelato l’olio d’oliva tunisino. Ricordatevi che in Sicilia i ‘magheggi’ all’olio d’oliva sono all’ordine del giorno. Emblematico quello che è avvenuto nei giorni scorsi tra il porto di Palermo e Sciacca, provincia di Agrigento. Vi abbiamo raccontato che 800 tonnellate – 800 tonnellate! – di olio d’oliva tunisino sono state sdoganate nel porto di Palermo. Per essere spedite a Sciacca (QUI IL NOSTRO ARTICOLO). Si tratta di un quantitativo impressionante. Ci sono stati controlli? Non lo sappiamo. Ma sappiamo due cose. La prima cosa è che la presenza di questo carico l’abbiamo scoperta per caso. Ciò significa che di olio d’oliva tunisino, in Sicilia, ne sarà arrivato chissà quanto. La seconda cosa è che le autorità dovrebbero vigilare affinché questo olio d’oliva tunisino – almeno le 800 tonnellate – venga venduto con la dizione “Olio d’oliva tunisino extra vergine, biologico” eccetera. Sarà così? Aspettiamo. Ultima notazione: l’assenza del Governo nazionale e dei Governi della Regione siciliana e della Regione Puglia. Dal Ministro delle Politiche agricole, il leghista Gian Marco Centinaio, non ci aspettiamo: fino ad oggi non ha fatto nulla per il Sud e non crediamo che farà qualcosa. Del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sappiamo che ama il pesce: è per questo che si disinteressa dell’agricoltura? Il presidente della Regione, Nello Musumeci, in campagna elettorale e poi anche dopo il suo insediamento, si è impegnato ad controllare tutti i prodotti agroalimentari che arrivano in Sicilia dall’estero. Ancora lo stiamo aspettando… Fonte inuovivespri.it |
AuthorVinci Coppolas Archives
April 2024
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